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“Andorra” di Antonio Di Lorenzo

“C’era una volta” – attaccò Marco – “un ragazzo che era pazzamente innamorato di una fornaia. Lei era una ragazza come lui, aveva la sua stessa età, e doveva lavorare nell’attività di famiglia, che aveva bisogno dell’aiuto di tutti i suoi componenti per andare avanti. E così anche lei lavorava nella panetteria, impastava ed impastava con le sue mani preziose e delicate, con il grembiule bianco e i capelli raccolti.

Il ragazzo andava ogni giorno al forno e comprava il medesimo pezzo di pane, sperando di catturare l’attenzione della fanciulla, senza però riuscirvi in alcun modo. Cercava di salutare con tanta educazione, sfoggiando il sorriso più tenero che possedeva, elogiava la qualità e il sapore del pane che ogni giorno acquistava.

Lei, però, sembrava non accorgersene mai.

Un giorno, per sfogarsi, il ragazzo ne parlò con Andorra, la sua migliore amica.

«Oh, Andorra mia, devi venire a vederla! Non c’è sulla faccia della terra creatura più bella di lei. Il mio cuore si strugge, le mie notti sono insonni. Bramo le sue labbra più di ogni altra cosa al mondo, bramo poterla amare con tutto me stesso e donarle la vita che merita».

Andorra, sapendo quanto il suo amico fosse poco incline a prestare attenzione al sesso opposto, capì che il fatto era piuttosto serio, e che il suo amico doveva essersi innamorato come mai nella sua vita.

Inteneritasi, la portò da un famoso stregone.

Questi aveva fama di essere il più esperto mago di tutto il regno; di lui si diceva che fosse nato già con una vasta gamma di poteri fra le proprie capacità, e che, col tempo, dopo gli iniziali scompigli creati da tali doti sovrannaturali, avesse imparato a gestirli, mettendoli poi al servizio di tanti clienti che vi si recavano per consulenze, letture del futuro, pozioni, malocchi.

La casa dello stregone era ubicata sul confine orientale della città, appena al di fuori della cinta muraria, così che lo stregone avrebbe potuto esercitare le proprie arti lontano da sguardi indiscreti, e per evitare che qualche incantesimo malriuscito avesse potuto creare danni nel cuore della città.

Andorra, che doveva essersi recata lì già molte volte, introdusse il ragazzo allo stregone e ne spiegò rapidamente il caso. Il mago, dopo aver guardato attentamente il ragazzo negli occhi ed avergli letto il futuro nella mano, tirò una profonda boccata dal suo narghilè e si pronunciò così: «Portami un capello della ragazza, ed io ti farò toccare da lei come nessuna ti ha mai toccato».

Il ragazzo era al settimo cielo, benché non avesse ben capito la promessa dello stregone. Toccare? Sarebbe stato il preludio di un amore? Il primo passo verso l’infinito? Per di più non aveva idea di come procurarsi un capello della ragazza.

Rimise il suo sguardo negli occhi di Andorra, che lo convinse a fidarsi.

L’occasione propizia si presentò qualche giorno dopo.

Recatosi, come ogni mattina, al forno della famiglia della ragazza, e salutato come ogni volta, si accorse che la ragazza, nonostante utilizzasse la cuffietta, aveva perso un capello che era finito proprio su una delle rosette esposte nel cesto di vimini al bancone.

Le chiese quindi se avesse potuto acquistare proprio quel panino, anziché la solita pagnotta, che gli piaceva proprio quel colore dorato e gli sembrava cotto alla perfezione, anzi, leggermente bruciacchiato sul fondo, come piaceva a lui. La ragazza prese la rosetta prescelta e la infilò in una busta bianca di carta, riuscendo, ignara, a non far cadere il capello, sul quale si erano fissati gli occhi del ragazzo dal momento in cui era entrato nel panificio.

Tutto contento, il ragazzo chiamò Andorra e si fece nuovamente accompagnare dallo stregone.

Questi li accolse nel proprio salotto, preparò il narghilè e vi mise anche il capello della ragazza. Lo iniziò a fumare e poi volle che anche Andorra ed il ragazzo ne aspirassero qualche boccata.
Quando ebbero finito, disse: «Ecco fatto. Tutto è andato per il meglio. Domani mattina, ragazzo, la mia promessa si avvererà. Quando ti troverai al forno, come ogni giorno, sarai capace di vedere tutto meglio».

Quella sera il ragazzo calò in un sonno tranquillo e profondo, già ebbro di felicità per quanto era sicuro sarebbe avvenuto l’indomani.

All’improvviso sentì delle dita che lo sfioravano nella maniera più delicata che si potesse mai immaginare, come quando si acchiappa una farfalla e non le si vogliono rompere le ali, come quando si tiene per la prima volta un neonato fra le mani.
Tutto il suo essere, che non si poteva più dire umano, era riscaldato dalle carezze della bella fanciulla. Cercò di ridestarsi, aprire gli occhi, muovere le mani, allungare le gambe. Ma gli sembrava proprio di non potere.
Tutto il suo essere, che non si poteva dire più umano, era avvolto in un torpore simile al dormiveglia. Cosciente, ma inerte. E poi le sue dita, e i suoi palmi che lo carezzavano, ancora e ancora e ancora.

Riuscì persino a sentire il soffice tocco delle sue labbra candide, e la dolcezza del suo alito di menta. Dovevano essere quelle le porte del paradiso.

Poi, d’improvviso, lei lo spolverò con della farina e lo ripose, insieme a tutte le altre rosette, nel cesto di vimini con le forme di pane appena sfornate.

Fu allora che poté vedere davvero tutto meglio.

«Quella lì, signorina» – disse un’anziana signora dagli occhietti vispi, mettendo già mano al portamonete – «mi dia quella sopra a tutto, quella un poco meno cotta con quel velo di farina»”.


Antonio Di Lorenzo: (Salerno, 1994, ma vive da sempre a Caserta) è poeta, formatore e performer.

Collabora da quasi un decennio con l’associazione Visionair come formatore per progetti scolastici, ed è inoltre docente di materie letterarie nelle scuole superiori di secondo grado.

Nel 2017 il suo racconto Hallelujah viene incluso da Milena Edizioni nell’antologia L’alchimia dei sensi, e l’anno seguente esce la sua prima raccolta, dal titolo Tutte le anime perse, edita da La Strada per Babilonia.

Da allora si dedica alla poesia performativa nel collettivo Voci Confinanti, del quale ha fatto parte fino al 2021, e nel circuito slam poetry, raggiungendo più volte le finali regionali campane.

Nel 2022, insieme ad un gruppo di amici, trasforma il suo storico progetto radiofonico Nottetempo in un’associazione che si occupa di divulgazione culturale ed eventi sul territorio, lanciando a Caserta il progetto #movidadicultura.

Dal 2023 porta in giro lo spettacolo di spoken word Arnaut e cobalto, scritto insieme ad Alfredo Martinelli e Michele Cianciulli.